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Claudio Imprudente, geranio fiorito… grazie alla scuola

Pubblicato il: 07/10/2010 17:19:36 -


Linda Giannini ha intervistato Claudio Imprudente, presidente del Centro Documentazione Handicap di Bologna, per Education 2.0.
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D. Come potresti presentarti a chi ancora non ti conosce?
R. Sono Claudio Imprudente, un geranio fiorito cinquant’anni fa sul balcone dell’integrazione. Perché un geranio? Molto semplice: appena nato, i medici hanno riferito a mia madre che sarei stato un vegetale a vita; data questa prospettiva (poi smentita), ho deciso che se di un vegetale si doveva trattare, mi sarebbe piaciuto essere un geranio. Oggi, senza rinunciare alla mia dimensione floreale, sono presidente del Centro Documentazione Handicap di Bologna, giornalista e autore di libri.

D. Cosa ha rappresentato per te la scuola?
R. Una palestra in cui ho imparato a leggere e scrivere (e per una persona nelle mie condizioni, in particolare cinquanta e quaranta anni fa, non era affatto scontato), in cui ho potuto imparare a essere autonomo e grazie alla quale ho potuto scoprire e vivere un’esistenza di qualità più alta. Preciso, però, che dovrei parlare di quello che hanno rappresentato per me le scuole: ne ho conosciute e frequentate tante, da quelle speciali (non con classi differenziali, ma proprio speciali), a quelle post legge 517/77, a quelle in cui ho lavorato e lavoro da trent’anni come animatore e formatore del Progetto Calamaio. Quindi, un legame che si è mantenuto nel tempo e che mi ha dato e mi da la possibilità di osservare variazioni, continuità, miglioramenti, cedimenti, regressioni. Aggiungo, e ne ho scritto anche di recente, che anche gli anni nella scuola speciale sono stati per me piacevoli e istruttivi, grazie in particolare alle qualità umane e professionali della maestra di allora.

D. Come immagini la scuola del futuro?
R. Un luogo che sappia valorizzare le abilità di ciascuno in misura maggiore rispetto a oggi, senza stimolare un atteggiamento di competizione tra gli alunni. Una scuola che non confonda apprendimento ed educazione con la somministrazione e l’acquisizione di concetti e nozioni, perché l’equiparazione tra un sapere nozionistico ed educazione non è corretta nei termini e ha il respiro corto. Immagino, quindi, una scuola che possa insegnare a muoversi nella cultura per farne una cosa propria, a viverla e non a esserne vissuti, a problematizzarla, criticarla e produrla.

D. Hai ancora contatti con docenti e studenti?
R. Come dicevo prima, per ragioni professionali i contatti con il mondo della scuola sono costanti e vitali, perché il lavoro a contatto con docenti e studenti è una delle attività che preferisco e mi restituisce tanto, è uno stimolo costante. Ovviamente, la formazione come la intendo e la pratico lascia molto spazio al dialogo, al confronto, al contributo di insegnanti e alunni. Una co-formazione, che fa crescere anche me.

D. Cosa è il Centro Documentazione Handicap? Quale valore dai alla documentazione?
R. L’Associazione Centro Documentazione Handicap è nata nel 1996 e gestisce un centro di documentazione (attivo dal 1981 per iniziativa dell’AIAS di Bologna) sui temi dell’handicap, del disagio sociale, del volontariato e del terzo settore. È una delle biblioteche di settore più grandi d’Italia. Informazioni più articolate si possono trovare a questo indirizzo: www.accaparlante.it. Come Centro di Documentazione crediamo che l’attività di documentazione vada intesa anche in senso propositivo, ovvero non come semplice ricerca, raccolta e conservazione di materiale consultabile, ma come creazione e proposta di materiale e occasioni che abbiano un senso culturale e “politico”. Di qui, la produzione della rivista “HP/Accaparlante” (di cui sono direttore), l’organizzazione di incontri pubblici, la gestione di servizi informativi (il Centro Risorse Handicap del Comune di Bologna)… Quando il Centro è nato, in molti (anche molte famiglie di persone disabili, si chiedevano quale utilità potesse avere un luogo simile e perché l’AIAS non investisse quei soldi per acquistare un mezzo di trasporto in più. Però negli anni quella scelta si è dimostrata lungimirante, basti pensare al valore che hanno acquisito l’informazione, la gestione e la produzione di contenuti e beni “immateriali”, l’importanza che ha il dato culturale anche nella definizione di politiche e atteggiamenti rispetto, in questo caso, al mondo della disabilità (ma è un discorso di validità generale).

Linda Giannini

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